Fonte foto: La Repubblica- Mondo Solidale
Riprendiamo l’articolo di Francesco Petrelli- OXFAM uscito su La Repubblica il 23 marzo 2022
Mentre in questi giorni di conflitto dibattiamo di dilemmi morali e nubi nerissime per la nostra economia, rischiamo forse di perdere di vista quelli che sono gli effetti già visibili per gran parte del mondo anche vicinissimo al nostro. In pochi giorni il prezzo del grano e del mais sono cresciuti rispettivamente del 38 % e del 17%, II livello più alto dalla grande crisi del 2008. I Paesi coinvolti direttamente nel conflitto, Ucraina e Russia, rappresentano da soli il 12% delle calorie del commercio mondiale di cibo, producendo complessivamente il 30% per cento del grano mondiale, la sola Ucraina il 15% del mais e il 70% dei semi di girasole.
Quel motore principale che nutre il mondo. Come sostiene Joseph Glauber, dell’Istituto di Ricerca sulle Politiche del Cibo (IFPRI), Ucraina e Russia costituiscono il motore principale per nutrire il mondo. La guerra ha prodotto un fenomeno di “inflazione alimentare” che, combinato con gli effetti economici e sociali di due anni di pandemia e la crisi climatica, ha intaccato le riserve e le disponibilità globali di cibo. Sempre secondo Glauber, nel breve termine assisteremo a costi umani rilevanti in una tendenza che già negli ultimi quattro anni vede aumentare il numero delle persone malnutrite, dopo un lungo ciclo positivo. Le agenzie della sicurezza alimentare dell’ONU stimano già oggi 276 milioni di persone nel mondo che sono nel pieno di una crisi alimentare acuta, di cui 44 milioni a un passo da una condizione di fame.
L’interruzione delle filiere alimentari mondiali. Si tratta quindi di un rischio imminente di una vera e propria interruzione, una disarticolazione delle filiere alimentari mondiali. Un fenomeno che andrà a incidere soprattutto su quelle aree già afflitte da crisi umanitaria. Dal Medioriente al Nord Africa, paesi come la Repubblica Democratica del Congo, il Sudan, la Libia e lo Yemen. Tutto ciò produce una saldatura del nesso tra armi e fame, che per il Programma Alimentare Mondiale è una delle cause principali delle crisi alimentari. Così oggi a saldarsi sono gli effetti tragici di una guerra che si svolge in Europa con le conseguenze di crisi umanitaria in varie parti del pianeta.
E’ il momento di compiere scelte speciali. Per evitare questo effetto domino nei tempi straordinari che viviamo, è venuto il momento di compiere scelte straordinarie. Come osserva lo stesso economista capo del Programma Alimentare Mondiale (PAM) Arif Husain, anche con la perdita dei contributi dell’approvvigionamento alimentare di Ucraina e Russia, rimarrebbe una quantità sufficiente di cibo per sfamare il mondo. Il vero problema è costituito dall’aumento del prezzo del cibo, per cui la soluzione immediata è quella monetaria. Se i governi donatori si impegnassero nel breve periodo potrebbero colmare il divario tra ciò che le persone possono pagare e il prezzo più elevato. Solo cosi le persone non soffriranno la fame.
La variabile decisiva del fattore tempo. Un’azione rapida e preventiva è dunque urgente: perché il fattore tempo è una variabile importante della situazione che permetterà di limitare i danni. La cifra necessaria – stima sempre il PAM – è tutt’altro che colossale. Per rispondere all’emergenza dei 140 milioni di persone più a rischio, si tratta di un impegno di circa 18 miliardi di dollari, di cui la metà già stanziati. Considerando però che a questa azione deve essere accompagnata da un impegno coordinato e globale delle istituzioni e internazionali. La stabilizzazione dei mercati sarà poi possibile se si introdurranno regole anti speculative, coordinate e concertate rivolte ai mercati finanziari che determinano il prezzo del cibo e di alcune materie prime essenziali. A questo proposito sarebbe fondamentale il coinvolgimento dell’Organizzazione Mondiale del Commercio, attivando le clausole delle situazioni di emergenza che il suo statuto prevede.
La prospettiva del “Patto Verde”. La paralisi di uno dei principali granai del mondo che rifornisce l’Europa per il 40% del sue importazioni di grano, deve spingere il nostro continente verso scelte fondamentali e non più rinviabili – come il Patto Verde europeo, cioè l’insieme di iniziative politiche della Commissione europea per raggiungere la neutralità climatica in Europa entro il 2050 – o la riforma del suo modello di sviluppo agricolo per riconvertire la propria agricoltura nella direzione della sostenibilità attraverso l’approccio agroecologico, o ancora la strategia “Dalla fattoria a Tavola”. Lo shock di questa guerra ci dimostra che la transizione verso modelli di produzione, consumo, stili di vita resilienti sono assai urgenti per il Pianeta, oltre che premessa realistica per la pace.